sabato 26 gennaio 2013

un pensiero...


Chi ama il Signore non si meraviglia dei peccati, delle mancanze, delle cadute perché in tutto confida in Dio e non in se stesso. L’umile è colui che desidera consolare Dio perché Lui lo ha già consolato di tutto; è colui che ama Dio perché sa che Dio lo ha creato per amarlo e non per accusarlo. L’umile è la persona più felice e libera della terra perché vive nella pietà di Dio, ha scelto di amare…

La trave e la pagliuzza


Se non fosse per il famoso brano del Vangelo, l’accostamento di queste due cose non avrebbe molto senso. Mi colpisce che Gesù stia dicendo che abbiamo una trave nell’occhio, che questo ostacolo ci impedisce di vedere al di fuori ma anche ad di dentro e infine che, anche senza la trave, potremo essere capaci, per grazia, di vedere e di togliere solo una pagliuzza dall’occhio del fratello. Qui la cosa è seria! In un altro brano Gesù dice che senza di Lui non possiamo fare nulla, quindi per togliere la trave abbiamo bisogno del Suo aiuto. Per noi baldi cristiani sarebbe facile: toglieremo subito la trave in un'unica soluzione ma Dio no. Dio sa quanto male ci provoca questa trave ma sa anche che la natura umana ferita non riuscirebbe a sopportare un atto così brusco. Dio non violenta nessuno e sa aspettare. La trave va levata poco a poco: qui sperimentiamo la pazienza e la misericordia. La trave nasconde tutti i nostri peccati, le cattive inclinazioni, l’orgoglio, l’egoismo, le passioni, ciò che ci allontana da Dio…insomma cose poco edificanti.  Togliere tutto in fretta significherebbe entrare nell’avvilimento più profondo. Dio desidera che impariamo a vedere noi stessi e gli altri con i Suoi occhi: Dio ci guarda tutti con amore! Quando cominciamo a vedere chi siamo veramente, sperimentiamo, oltre una certa afflizione, la presenza amorosa di Dio: Dio non ci lascia da soli con i nostri peccati. È l’Amore che Dio ci mostra che ci spinge ad avere fiducia in Lui, a sperare che Lui possa cambiarci. Questa esperienza, che può durare anche tutta la vita, ci fa innamorare di Dio e di noi stessi perché siamo Sue creature, opera delle Sue mani. Quando sapremo di essere piccoli, fragili, bisognosi di Dio, allora potremo guardare il prossimo con il Suo amore e la pagliuzza sarà un pretesto per amarci, gli uni gli altri, sempre di più.

mercoledì 16 gennaio 2013

Il bene che faccio


Cito un brano della Lettera agli Ebrei (5, 9-12):

“Quanto a voi però, carissimi, anche se parliamo così, siamo certi che sono in voi cose migliori e che portano alla salvezza. Dio infatti non è ingiusto da dimenticare il vostro lavoro e la carità che avete dimostrato verso il suo nome, con i servizi che avete reso e rendete tuttora ai santi. Soltanto desideriamo che ciascuno di voi dimostri il medesimo zelo perché la sua speranza abbia compimento sino alla fine, e perché non diventiate pigri, ma piuttosto imitatori di coloro che con la fede e la perseveranza divengono eredi delle promesse.”.  Questo passo è bellissimo perché Paolo ci invita a scegliere e a fare sempre il bene anche se il mondo non ci ripagherà…ciò che conta è che Dio ci vede e non dimentica il nostro lavoro né la carità che abbiamo dimostrato verso di Lui e in Suo nome. Dio sa… questa è la certezza che fa riposare il cuore dell’uomo. Se il mondo vede il bene che facciamo, è perché Dio lo permette. Se il mondo non vede il bene che facciamo, è perché Dio lo permette. Non affliggiamoci se il mondo non vede ma rimaniamo sereni e in pace perché ogni nostra azione è contemplata dal Padre. FACCIAMO IL BENE!!!

L'onnipotenza umana e l'impotenza divina


Calmi, calmi! Sapete che ogni tanto mi piace scrivere qualche provocazione! Vi condivido semplicemente una lezioncina…
Ero in chiesa, e vedevo la statua di Gesù Bambino…ad un tratto, durante l’omelia, il sacerdote parlò di come Cristo si umiliò e si fece piccolo. Da giorni ormai sperimentavo un senso di impotenza… guardare quel frugoletto avvolto in fasce, Dio che si spoglia mi ha fatto pensare… Dio si è forse preoccupato nel vedere suo Figlio così fragile e impotente? Gesù si è forse preoccupato della sua condizione di bimbo? No, in quell’impotenza vi è fede, speranza e carità: la fiducia che Dio ha nell’uomo; la speranza che l’uomo comprenda; la carità, la pietà di Dio che non avvilisce l’uomo, non lo spaventa con la Sua gloria… Gesù era felice nella sua impotenza, felice e tranquillo tra le braccia degli uomini. Perché l’uomo si turba quando avverte l’impotenza? Perché crede di essere onnipotente, perché semplicemente è orgoglioso. Dio ci fa provare questo senso di impotenza per tirare via un po’ di orgoglio, quell’orgoglio che non vedremmo mai se non ci sbattessimo il grugno! Forse quando viviamo questa purificazione dovremo cambiare atteggiamento, pensare alla bellezza di questa nuova condizione: stare tra le braccia di Maria e Giuseppe ma soprattutto sperimentare la bellezza dell’abbandono fiducioso in Dio.

Il Santo Rosario e la Sapenza


Il Santo Rosario è una preghiera semplice che umilia la sapienza umana. In esso contempliamo con Maria la vita di Gesù, illuminati dalla luce dello Spirito Santo. Nessuno può scrivere di morale o di spiritualità senza la colonna dell’orazione. La preghiera, quando è un dialogo con Dio, ci predispone ad accogliere l’ispirazione dello Spirito…senza di essa, anche se siamo in grado di fare discorsi sublimi, siamo dei balbuzienti che tartagliano costruendo torri di Babele. Dio è umile e si dona agli umili….Dio si dona e lo fa completamente anche se noi sappiamo dargli poco…

Il chiodo fisso


Può capitare di pensare a una situazione o a una questione e dopo un po’ di trascurarla… successivamente siamo pervasi da un altro pensiero che diventa un chiodo fisso. Che facciamo? Chiediamo a Dio di risolvere il “chiodo fisso”… ma spesso Dio preferisce rispondere al pensiero che avevamo trascurato in partenza. Se avevamo trascurato quel pensiero era perché non  lo abbiamo ritenuto importante, perché era una cosetta da poco conto che francamente non ci cambiava nulla…eppure Dio preferisce quella piccola cosa di poco conto al “chiodo fisso”: perché? Partiamo dal presupposto che Dio non fa mai nulla per caso e poi mettiamoci a pregare e a chiedere: “cosa mi vuoi dire Gesù?”. Ogni parola, ogni gesto, ogni comportamento di Dio nella nostra storia ha un valore infinito. Forse Dio ci vuol dire che quella che noi consideriamo una piccola cosa, in realtà risulta essere molto importante per il nostro cammino spirituale.  Se preghiamo e lasciamo che Dio illumini le nostre menti, capiremo che quella piccola cosa è come un paio di occhiali che ci fa vedere ciò che non avremmo mai potuto vedere ad es. di noi stessi o degli altri ecc. Spesso questi occhiali che Dio ci fornisce gratuitamente sono più utili di qualsiasi altra cosa.

mercoledì 2 gennaio 2013

Provocazione e consigli per gli acquisti!

 
Sono giorni che mi gironzola nella testa la provocazione lasciata sulla bacheca di una Parrocchia e finalmente mi accingo a scrivere qualcosa in merito. Francamente non mi interessa soffermarmi sui toni, né sui contenuti della lettera anche perché in giro se ne sentono di tutti i colori… mi soffermerei volentieri invece sulla modalità, sulla scelta di scrivere una provocazione.

Di solito si scrive di ciò che si vive o che si conosce ma ciò che si vive è sempre impregnato di emozioni, sentimenti, passioni, credenze ecc… Scrivere è un’arte ma scrivere su ciò che riguarda la fede e la morale è un dono! Vedete: la cosa più importante da tenere a mente mentre si scrive, è il fine, cosa voglio suscitare nell’altro…insomma dove voglio andare a parare! Durante un’omelia un sacerdote, ricordando un altro sacerdote, ha detto che quest’ultimo, preparava l’omelia consigliandosi con Dio: si alzava alle 4:00 per pregare… parlava con Dio. I fini di un romanzo, di un articolo di giornale ecc… possono essere svariati ma quando si scrive o si parla di Dio, l’unico fine è Dio stesso! Ora sono io che lancio una provocazione: a che servono omelie, libri, trattati, lectio divine e quant’altro, se non suscitano nella gente il desiderio di conoscere Dio, di aprire il Vangelo, di scoprire cosa significa essere cristiani? Vi confesso che mi piacciono tanto quei sacerdoti che parlano della loro esperienza di Dio, di come Lui agisce nella loro vita quotidiana… mi piacciono perché sento in loro una paternità e una maternità che si preoccupano di esercitare per il bene delle anime… si vede che hanno puntato tutto su Cristo e che il loro fine è guidare il gregge verso il Padre. Il linguaggio del cristiano raccolto in Dio dovrebbe assumere il tono nostalgico di colui che si trova esule in terra straniera. Per avere questa nostalgia bisogna avere una, anche minima, esperienza del Cielo! Gustare il Cielo significa essere consapevoli che in Dio abbiamo tutto, che la vita su questa terra è un soffio… e finalmente cominceremo a sentire il peso della nostra carne e dei peccati! La provocazione è un’arma tagliente che va usata con scaltrezza per raggiungere il fine dello scuotimento, della conversione, del cambiamento interiore…

Nel caso odierno mi chiedo se non sarebbe stato più efficace fare un elogio al buon gusto e alla castità... di certo sarebbe stato un discorso contro corrente che non avrebbe avuto titoli di giornale…e sicuramente sarebbe stato etichettato come discorso di “altri tempi”…del resto i parroci lo sanno: “chi la vuole cotta e chi la vuole cruda…è impossibile accontentare tutti!”. Questo è solo il mio parere e vale poco…però quando parlate o scrivete, pensate di avere Cristo come interlocutore (lo facessi pure io!), pensate che anche gli Angeli vi ascoltano e che il Padre vi guarda con amore.

Qualcuno potrebbe obiettare:“anche Gesù però ha fatto una sferza di cordicelle!”…vi prego, vi prego! Non giustifichiamo la rabbia che sentiamo salire in noi, non nascondiamola dietro“lo zelo” per il tempio del Signore! Quando si dice che Gesù non peccò significa che non fece neanche un peccato veniale, che dominava perfettamente, benché ne sentisse i morsi, le passioni! Possiamo dire di noi stessi altrettanto? Possiamo dire di essere liberi dalle passioni? Quando sentiamo che qualcosa bolle in noi, che siamo troppo attaccati a un discorso, che siamo troppo concentrati su una situazione, che ci sentiamo pungolare nell’intimo: facciamo silenzio e preghiamo! Sapete perché? Uno, perché mancheremmo di carità; due, perché sarebbe la superbia a parlare; tre, perché nessuno ci capirebbe…risultato? Avremmo l’impressione di essere più vuoti di prima! La felicità, la pienezza si trova solo in Dio e facendo le cose di Dio…la nostra natura è tosta e ha bisogno di tempo, di umiltà e di pazienza per permettere a Dio di lavorarla al meglio. Guardate non voglio demonizzare nessuno perché tutti noi siamo sulla stessa barca e molto spesso facciamo come gli Apostoli: ci spaventiamo per le onde del mare, ci arrabbiamo, ci perdiamo nel marasma delle ideologie (che da secoli si ripetono con nomi diversi ma che hanno un’unica origine)… e non ci rendiamo conto del Dono… abbiamo Gesù che dorme placidamente accanto a noi! Pensate all’innocenza… Che cosa vi viene in mente? Forse una mamma che allatta un bambino o gli occhietti sorridenti di un bambino povero ecc… pensate che l’innocenza di Cristo supera la nostra comprensione dell’innocenza…pensate a quant’è bello Gesù! Pensate che dov’è il Figlio, lì è la Madre e che Maria è la perfezione del creato! Che sarà mai la Madre dell’Innocente! Quale semplicità, quale umiltà, quale bellezza! Non è bello parlare di queste cose? Non si riempie lo spirito di beatitudine? Gridano più l’umiltà, l’amore e il silenzio di tanti discorsi… fanno breccia nei cuori di chi sa accogliere il seme della verità e servono a plasmare l’anima secondo il disegno divino…

Arriviamo ai consigli per gli acquisti! Acquistiamo con lo sforzo della volontà e della mente la saggezza, attraverso l’orazione continua! Prendiamo in mano il Rosario e preghiamo! Prima di ogni azione chiediamo consiglio a Dio ma se nonostante questo, la natura ferita continua a urlare, allora ritiriamoci in silenzio, chiediamo a Cristo di placare la tempesta ed esercitiamo la pazienza: i tempi di Dio non sono quelli degli uomini… ci vuole tempo per guarire. Penso che farebbe molto effetto se una domenica, un sacerdote andando al pulpito dicesse: “scusate… non sono in grado di dire cose sensate perché sono un uomo anche io e non sto bene…perciò vi leggerò l’omelia di un Santo dottore della Chiesa…penso che ci edificherà tutti”…forse è una provocazione anche questa…ma quanta umanità! Quanta verità! Quel sacerdote non sarebbe più un personaggio anonimo sul pulpito o un sacerdote amatissimo e seguitissimo…no, diventerebbe un compagno di viaggio…uno come noi…uno di noi…

Questa è la verità che concepì San Francesco nel suo cuore: se vuoi essere amato come un padre ti devi fare fratello e figlio dei fratelli…diventare piccolo…ecco la sua tanto amata sorella povertà…

Scegliamo sempre di perdere noi stessi per conquistare la meta.