Sto leggendo con parsimonia e attenzione un libricino di Jaques Philippe sulla libertà interiore (ve lo consiglio)…davvero ogni parola risuona in me come qualcosa di prezioso che vorrei condividere con il mondo intero…mi sento come una bambina che ha appena scoperto qualcosa di bello e lo vuole dire a tutti. Innocenza, gioia e imprudenza (o goffagine) si impadroniscono di me ma poi ritorno al centro…dico la mia lezione alla Mamma, parlo con il mio Angelo custode, mi confronto con i Santi e chiedo aiuto allo Spirito Santo…d’altronde è così bello condividere con gli abitanti del Cielo la mia gioia di figlia salvata, le miei piccole riflessioni… a dir la verità dopo aver parlato con Dio nell’orazione mi sento un po’ bimbetta…gli racconto i miei pensieri che a me sembrano gran cosa (“oggi ho capito questo….” oppure: “lo Spirito Santo mi ha suggerito questa cosa…”), in realtà è come se avessi scoperto l’acqua calda, ma il Signore è contento così: è contento di queste confidenze più che se ne parlassi con il mondo intero! D’altro canto la libertà non è forse anche questo: scegliere di parlare prima con Dio che con gli uomini?
Dopo un momento di orazione si
placa l’entusiasmo e l’irruenza dei grandi fiumi (che sono i miei pensieri) e
posso sospirare un po’ nella pace.
Pensando alla libertà credo che
essa sia un’aspirazione naturale dell’uomo perché siamo stati creati liberi, la
creazione stessa è un atto libero di Dio. La chiamo aspirazione perché il
peccato originale ha reso l’uomo schiavo e, anche se il battesimo “ci ha dato
una gran mano”, chi di noi può dirsi libero da se stesso (dai giudizi, pensieri
ecc.), dalla società, dalla cultura, dagli avvenimenti della vita ecc.? Si, l’uomo
aspira alla libertà ma spesso pensa che la libertà sia da ricercarsi all’esterno
e quindi si unisce ad un’ideale, ad una persona (salvatore, guru, guaritore…) o
ad un’oggetto dai poteri misteriosi! Se l’uomo invece riflette su di sé, si
lega al pensiero che la libertà sia, in fin de conti, ciò che lo rende felice,
ciò che è a lui gradito. Se la libertà dipende da ciò che ci piace allora
muoveremo guerre contro chiunque tenti di toglierci questo piacere. Guardate il
problema è sottile: siamo capaci di ingaggiare una guerra contro Dio quando Egli
permette che situazioni sgradevoli entrino a far parte della nostra vita! La
libertà sta nel dire sempre “si” a Dio…siamo liberi di scegliere di poter dire “si”
a Dio…ma ci sentiamo abbastanza liberi da dire “si” a Dio? Nella gioia siamo
tutti capaci di dire “si” ma nella sofferenza, nelle ingiustizie, quanto
realmente ci sentiamo liberi di dire “si” a Dio? Quanto ci sentiamo liberi di
accettare serenamente la sofferenza (qualunque essa sia) che comunque Dio ha
permesso affinché porti frutto? Crediamo che la sofferenza porti frutto? Se la
risposta è affermativa: crediamo che sia indispensabile vederne i frutti? Meritiamo
e pretendiamo di vedere i frutti della nostra sofferenza? La libertà sta nell’accettare
con fiducia la sofferenza, coscienti che Dio ha un disegno da realizzare che va
oltre il nostro campo visivo, la nostra comprensione umana. Qui è lo stacco:
Lui è Dio, noi siamo Sue creature…i frutti lasciamoli a Lui. Infatti se
pensiamo ai frutti viviamo nell’ansia e l’ansia crea un terreno cattivo su cui
il maligno pianta altra zizzania. Penso infatti che se per un poco di
sofferenza ( o tanta! ) offerta con gratitudine a Dio si riesce ad avere
qualche frutto è per la Sua grazia. Questo è un altro piccolo segreto: offrire
le sofferenze con gratitudine! Come si fa a offrire il dolore con gratitudine?
Dipende dalla fiducia che abbiamo in Dio. Attenzione: non sto dicendo che la
sofferenza scompare se la offriamo con gratitudine! La sofferenza resta ma ciò
che svanisce è il senso di schiavitù, di oppressione che la accompagna… in un
certo senso ci sentiamo “liberi di
soffrire in pace” con il cuore sereno. Qualcuno potrà dirci che soffriamo per
un’inezia o al contrario che la situazione che viviamo è talmente pesante che
schiaccerebbe chiunque ma alla fine questi sono commenti che si perdono nel
vento! Possono farci bene o male, farci sentire importanti, amati o disprezzati…sono
commenti che non ci faranno mai trovare un equilibrio. Solo Dio dà senso alla
sofferenza, solo Dio ha scelto liberamente, per ora, di non giudicare l’uomo,
solo Dio sa quanto soffriamo! Si dice
che mentre si soffre, s’ impara molto ed è così solo se rendiamo partecipe Dio
del nostro stato. Chiediamogli di aprire i nostri occhi, di mostrarci la Sua
tenerezza, la Sua paternità! Non aspetta altro! Impareremo più da come Lui ci
accoglie nella sofferenza che da 1000 libri di teologia! Chiediamogli di essere
attenti ad ogni Suo gesto per noi e finirà che ci innamoreremo perdutamente di
Lui: non potrebbe avvenire diversamente! Solo Lui sa accogliere senza giudicare,
solo Lui ci sa amare veramente ed è questo, più che di ogni altra cosa, ciò di
cui ha bisogno l’uomo! Più scopriamo un Suo atto d’amore per noi, più cresce in
noi la fiducia, la speranza e l’amore. Questo non vuol dire che Dio ci dirà che
siamo perfetti perché soffriamo, anzi! Se noi viviamo con Dio, Lui ci farà
vedere i nostri errori, ma soprattutto ci aiuterà ad amarci veramente per quello
che siamo: ci insegnerà ad avere pietà e ad avere sentimenti di tenerezza nei
nostri confronti. Per amarci abbiamo bisogno di vederci come ci vede Dio. È l’Amore
che trasforma non il volontarismo! Lasciamo che la Grazia muova la nostra volontà
nella giusta direzione. Solo amando e nell’amore accetteremo di non sapere
nulla e francamente neanche ci interesserà sapere qualcosa che non sia volontà
di Dio.
Tutto abbiamo in Dio…tutto è
grazia.
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