[1]«Io sono la vera vite e il Padre mio
è il vignaiolo. [2]Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e
ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. [3]Voi
siete gia mondi, per la parola che vi ho annunziato. [4]Rimanete in me e
io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella
vite, così anche voi se non rimanete in me. [5]Io sono la vite, voi i
tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non
potete far nulla. [6]Chi non rimane in me viene gettato via come il
tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. [7]Se
rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi
sarà dato. [8]In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto
frutto e diventiate miei discepoli. [9]Come il Padre ha amato me, così
anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. [10]Se osserverete i miei
comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del
Padre mio e rimango nel suo amore. [11]Questo vi ho detto perché la mia
gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena." (Gv. 15, 1-11)
Questo è
il premio: la gioia di Cristo! Gesù dice “io sono la vite e il Padre mio è il
vignaiolo”…bene se il Padre è il vignaiolo vuol dire che ha cura della vite,
che la ama, che aspetta di vederla germogliare e di coglierne i frutti. I
tralci sono le parti della pianta in cui germogliano i frutti: i tralci siamo
noi. Cosa fa il Padre con i tralci? “Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e
ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”…la cosa
preoccupante è che chi porta frutto viene potato affinché porti più frutto.
Sembra strano ma in natura accade proprio così: ho un melo in giardino, circa
20 giorni fa un amico di famiglia è venuto
a trovare mio padre e dato che conosce le piante ha preso le cesoie e ha
potato il melo…povero melo! Alla fine dell’operazione sembrava uno zeppo!
Eppure oggi ha foglie e fiori! Così fa il Padre con noi, ci lascia portare
frutto ma quando si accorge che oltre quello non possiamo dare altro allora ci
pota, ci stacca da ciò che viviamo anche
in maniera traumatica (il melo non si diverte ad essere tagliuzzato figuriamoci
noi!) e aspetta. Questa parabola è fonte di speranza per tutte le persone che
soffrono perché ci apre un orizzonte diverso. Il Padre ci sradica da una
situazione e ci chiede di fare silenzio e di stare con Lui. Il melo non piange
ma noi quando veniamo potati si…chi ci può capire? La vite-Cristo che soffre
intimamente con noi e il vignaiolo- il Padre che è costretto, per un bene maggiore
ad accettare questa sofferenza. Ci sono poi potature e potature…quelle leggere
servono per correggerci e non fanno poi tanto male…ci sono invece le potature
profonde che ci segano l’anima. Quest’ultima potatura ti riduce ad uno zeppo,
ad un respiro tra la vita e la morte e sai che fino a quando non germoglierà
una fogliolina starai così…in attesa. Dopo la potatura viene il tempo dell’avvento!
In realtà non sappiamo se rifioriremo di nuovo perché non dipende solo a noi ma
anche dal vignaiolo…però il vangelo ci dice che c’è una speranza che noi non
vediamo e che dobbiamo accettare per fede anche se sembra impossibile. L’unica
cosa che possiamo fare affinché questa parola si realizzi è quella di rimanere nell’amore di Cristo. La
potatura ci dilania, ci rende ciechi, ci disperde, ci fa perdere la speranza ma
questa parola almeno ci insinua il dubbio che forse oltre il dolore e la
sofferenza possa esistere per noi la gioia di Cristo, una gioia che è riservata
solo a coloro che vengono potati. Se prima ci preoccupavamo di portare frutto,
dopo una potatura seria non ci interesserà neanche di essere vivi o morti e
quando arriverà il momento in cui appariranno timidamente dei frutti li
guarderemo con rispetto pensando che sono germogliati dalle nostre lacrime, che
sono i frutti delle nostre viscere e del nostro cuore spezzato…si li ameremo e
lasceremo che siano colti solo da Colui che può comprenderne il significato: il
vignaiuolo.
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