mercoledì 20 luglio 2011

Ambiguità

Se c’è qualcosa che non sopporto è l’ambiguità nei rapporti tra le persone e tra noi e Dio! Anche le persone migliori possono cadere nel vortice dell’ambiguità! L’ambiguità non è sempre facile da scoprire soprattutto quando si vive un rapporto di amicizia o di fiducia con le persone … veramente è un serpente viscido che agisce nell’oscurità e se non viene scoperto può creare parecchi danni! Probabilmente vi sarà capitato dopo una discussione con un amico di sentire un malessere a cui non siete riusciti a dare un nome … cosa fate? Di solito si cerca di non pensarci più, di lasciar correre ma poi cosa accade? Succede che ogni volta che pensate a quella persona sentite nuovamente quel disagio che si può esprimere in atteggiamenti di frustrazione, stanchezza e addirittura, in certi casi, persino rabbia. La cosa strana è che alle volte non ce ne rendiamo neanche conto: sentiamo quel disagio ma non lo colleghiamo subito alla persona, e proprio per questo andiamo in tilt magari rispondendo male ad un'altra persona che non c'entra niente! Da che cosa dipende questo disagio? Dall’ultima discussione avuta? Certo può essere questo ma spesso dipende da qualcosa che serpeggia in germe da tanto tempo, da una mancanza di chiarezza  che abbiamo lasciato agire indisturbata fino a quando ci ha messi nel sacco! Se dovessi fare un resoconto di tutte le volte che ho vissuto situazioni simili penso che riempirei un libro sull’argomento! Mi piace però condividere con chi legge questo diario alcuni episodi che forse possono essere d’aiuto per uscire fuori dall’impasse che si crea in questi casi. Ad esempio può capitare di avere incomprensioni con il proprio direttore spirituale, queste a volte sono suscitate dal maligno che cerca di farci screditare il superiore per allontanarci e spingerci nel “deserto", nell’illusione di poter fare un cammino spirituale da soli; altre volte queste incomprensioni servono sia a noi che al superiore per crescere nella santità: a questo proposito mi viene in mente la famosa discussione di S. Paolo con S. Pietro …  povero Pietro: che figuraccia! Altre volte queste comprensioni sono dettate da proprie mancanze. Ad esempio quando non riveliamo tutto al superiore oppure quando ci ostiniamo ad avere ragione chiudendoci nella superbia. A volte ancora può capitare che il superiore non sia tanto illuminato perché sta affrontando una situazione difficile, in fin de conti è un essere umano anche lui! Può capitare  però  qualcosa di diverso: un comportamento, una parola di troppo possono di sovente far sorgere nel superiore e anche in noi un giudizio, un’osservazione sull’altro. Quando ritroviamo quella persona in noi scatta un meccanismo che ci ripropone lo stesso pensiero del tipo: “stai attento a ciò che dici!”oppure “questa persona ha reagito così quindi posso presumere che lo farà nuovamente”… insomma pensieri che sembrano dettati dalla prudenza ma che invece nascondono un ambiguità di fondo che porta alla sfiducia nell’altro. Questi giudizi/opinioni dipendono in larga misura dalla forse troppa stima nei nostri confronti!
 Perché accade tutto questo? Perché non siamo chiari: se notiamo un comportamento che non capiamo o sentiamo una parola strana dovremo staccarci dalla situazione (nel senso che non dovremo far uscire le nostre passioni)  e chiedere subito o appena possibile una spiegazione. Se lasciamo passare troppo tempo rimaniamo fregati perché quell’avvertimento, quel pensiero “prudente” o meglio “imprudente” si trasformerà in un pensiero ossessivo che gironzolerà libero ogni volta che vedremo quella persona. Peggio ancora se non ne siamo consapevoli e ci abituiamo ad abitare con questo disagio. Più passa il tempo e più quel pensiero si cementerà nella nostra mente rendendo difficile una via d’uscita dalla situazione.
La carità (preventiva) deve precedere i rapporti interpersonali e portare ad un sano distacco. Dobbiamo attaccarci alla carità e non alle persone o meglio unirci alle persone nella carità. Il bene che proviamo per le persone deve essere dettato dalla carità e non dalle passioni del momento. Le passioni sono come le maree che vanno e vengono, la carità resta sempre, è una forza che cresce in noi se noi ci lasciamo plasmare da essa. L’amicizia non può avere una finalità "personalista" ma sempre la carità. Non deve assecondare le mie maree!  Non posso pretendere che gli altri mi comprendano in tutto, non posso pretendere che entrino nella mia testa né io posso entrare nella loro. In definitiva l’amore è una grazia che comporta anche uno sforzo ma non si tratta solo di un atto di volontà. Dobbiamo tenerci lontani da tutto ciò che può risvegliare le passioni e i nostri sensi solo così la nostra casa sarà pacificata (S Giovanni della Croce insegna!) 

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